La Corte di Cassazione, IV Sez. Pen., con la
sentenza n. 34341 del 3 dicembre 2020, si è pronunciata sulle vicende della Fibronit, azienda produttrice di manufatti in amianto sita in Broni.
La questione affrontata concerne il nesso di causa fra la condotta del datore di lavoro e l'insorgenza del mesotelioma pleurico, in ipotesi di plurima successione della posizione di garanzia.
La Suprema Corte dopo aver ripreso i principi in tema di nesso causale, enunciati dalla
sentenza Franzese (Sez. Un., n. 30328/2002), dalla sentenza Cozzini (Sez. IV, n. 43786/2010) e dalla
sentenza Cirocco (Sez. IV, n. 16715/2018), ha delineato il compito del Giudice, che consiste nell’acquisire “
processualmente la certezza (dandone poi adeguatamente conto in motivazione) che, nel periodo di assunzione della posizione di garanzia da parte del soggetto chiamato a rispondere degli esiti letali dell’esposizione, quest’ultima fosse causalmente idonea ai fini della patogenesi e dell’accelerazione del decorso infausto della malattia”.Nel caso di specie i Giudici del merito non sembrano aver fatto buon governo degli enunciati principi. Essi sono infatti pervenuti ad una sentenza di condanna, sebbene, “
dando per scontato che tutte le vittime abbiano contratto il mesotelioma pleurico a causa delle polveri di amianto disperse nello (o dallo) stabilimento di Broni (con conseguente esclusione di decorsi causali alternativi), si rileva che l’arco temporale all’interno del quale si colloca, nei singoli casi, l’esposizione all’amianto è in tutti i casi assai ampio, e non è dato determinare con univoca certezza se il periodo 1981/1985 (in cui (…) gli imputati ricoprirono posizioni di garanzia) abbia o meno trovato collocazione all’interno della fase di induzione delle singole cancerogenesi”.
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